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A cura di Ferruccio Bovio
Recentemente, il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha annunciato che è ormai prossimo alla presentazione ufficiale un progetto normativo concernente l’introduzione di una riserva militare ausiliaria dello Stato, composta da circa diecimila unità.
In vista di una malaugurata (ma tutt’altro che improbabile) eventualità che venisse a sconvolgere l’attuale scenario geopolitico, Crosetto lavora, quindi, ad una sorta di leva volontaria, per formare un gruppo di professionisti permanentemente a disposizione del Paese e da tenersi sempre aggiornati, attraverso addestramenti periodici. Nelle intenzioni del ministro, il contributo di questi riservisti dovrebbe concretizzarsi, essenzialmente, a livello di logistica, di cooperazione e di interventi in caso di calamità. Inoltre, per quanto riguarda il reclutamento del personale, l’idea è quella di attingere da ex militari, da forze di polizia o, comunque, da categorie in possesso di competenze particolari. Come si capisce, i nuovi reclutati non sarebbero destinati ad un impiego bellico diretto in prima linea, ma sarebbero tuttavia molto utili per colmare le carenze di organico, più volte denunciate dalle Forze Armate, le quali possono al momento contare su 150mila unità che, soprattutto alla luce dei vari conflitti che sono attualmente in corso persino in Europa, vengono giudicate del tutto insufficienti.
D’altra parte, ricorda Crosetto, in Germania i riservisti sono circa 15mila, mentre in Francia hanno addirittura superato la soglia dei 77mila. In Israele poi, per ovvie ragioni, i riservisti sono addirittura quattrocentomila. Per non parlare del Regno Unito, dove si sta ragionando addirittura sull’opportunità di reintrodurre la leva obbligatoria. Ipotesi, quest’ultima, che da noi ha già incontrato, in passato, anche il favore di qualche esponete politico, come Matteo Salvini.
Nel 1938, Benito Mussolini chiese retoricamente alla folla se volesse “burro o cannoni”: e la risposta, come è noto, cadde infaustamente sulla seconda alternativa…Voi, 85 anni dopo – ed in un quadro politico radicalmente (e fortunatamente) cambiato – come vi ponete dinanzi a scelte di questo tipo? Ritenete, ad esempio, che valga la pena di sacrificare altri settori di investimento pubblico per potenziare la sicurezza militare del nostro Paese?
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29 Gennaio 2024
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Scritto da: Giornale Radio
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