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È finita da due giorni la squalifica che ha tenuto, discutibilmente, lontano dalle competizioni il marciatore azzurro, Alex Schwazer, medaglia d’oro nella 50 km di marcia alle Olimpiadi di Pechino. Torna, pertanto, a respirare da uomo anche sportivamente libero, sebbene si tratti del malinconico respiro di un atleta ormai quasi quarantenne che ha visto svanire, soprattutto a partire dalla sua seconda squalifica (quella del 2016), una infinità di occasioni di gloria e di riscatto umano. Oggi, il nostro Alex, si augura che a nessun altro sportivo venga mai più riservato il trattamento che lui ha dovuto subire per otto anni, nei quali ha sempre cercato di difendere e tutelare il suo onore e la sua dignità, attraverso tutta una serie di tentativi (risultati poi, incomprensibilmente, vani) per provare la sua innocenza ed ottenere una sia pur tradiva giustizia.
Ricordiamo quanto rimanemmo sorpresi quando, nel 2013, una condanna (la prima della sua carriera) ci venne a spiegare che quel simpatico giovanotto dallo spiccato accento tirolese che, in uno spot televisivo, garantiva la genuinità di una famosa merendina, in realtà era anche un tipo di atleta olimpionico che, quando era il caso, non disdegnava il ricorso al doping…Poi però, scontati tre anni di sospensione dalle gare, c’era stato il rientro (quasi subito ad altissimo livello), sotto la guida emblematica di Sandro Donati: l’allenatore di atletica che, sostanzialmente, ha fatto del contrasto anti doping quasi una scelta di vita. Rientro rimasto bruscamente interrotto, nel 2016, alla vigilia dei Giochi di Rio, quando una nuova e, per certi versi, incredibile positività al testosterone sembra scrivere definitivamente la parola fine sulla carriera del marciatore di Vipiteno. Schwazer rivendica fermamente la sua innocenza, sostenendo che le fiale contenenti i campioni sono state alterate: circostanza sulla quale trova il conforto anche del Tribunale di Bolzano che, archiviando il caso, conferma l’avvenuta manipolazione della provetta. Manipolazione che però, non smuove, invece, la giustizia internazionale sportiva, la quale resta ostinatamente arroccata sulle sue iniziali decisioni e ribadisce il suo no ad un ritorno in pista di Alex fino alla data dell’8 luglio 2024, negandogli così persino la speranza di poter partecipare alle Olimpiadi che stanno per cominciare a Parigi.
Stiamo parlando di una vicenda umana e sportiva talmente misteriosa da avere attirato l’interesse di tanti giornalisti e scrittori, fino al punto di trasformarsi in una serie di successo su Netflix.
Adesso Alex Schwazer ringrazia tutti i pochi che, fin dal primo momento, gli sono stati vicini in questo percorso che lui definisce “infernale” e ringrazia anche i molti che, dopo l’accertamento della sua estraneità ai fatti che gli venivano contestati, gli hanno, comunque, espresso la loro solidarietà. D’ora in poi, potrà anche lui accompagnare i suoi due bambini in una piscina o in un campo di atletica senza, automaticamente, incorrere in una nuova squalifica: cosa che sarebbe avvenuta fino all’altro ieri…
In definitiva, quella di Schwazer ci sembra proprio una bella storia umana e sportiva in cui la forza d’animo per reagire – sempre con la massima compostezza – alla fine prevale sulle avversità della vita non rassegnandosi e non arrendendosi mai: nemmeno dinanzi alle trame o alle scorrettezze più occulte.
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Credits Foto: Marco Togni CC BY-SA 3.0
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Scritto da: Giornale Radio
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