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L'opinione

Il “vino dealcolato”, tra business ed utilità sociale

today18 Aprile 2024

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A cura di Ferruccio Bovio

Tra gli oltre quattromila espositori presenti quest’anno a Vinitaly, un certo spazio è stato riservato anche ai cosiddetti “vini dealcolati”. Stiamo parlando di un mercato che, per ora, registra in Europa un giro d’affari di soli 320 milioni, rispetto al totale del fatturato mondiale del “dealcolato” che, attualmente, si attesta, invece, a 7,5 miliardi. Tuttavia, non ne vanno sottovalutate le prospettive di sviluppo anche nel Vecchio Continente, dove potrebbe affermarsi non solamente tra gli astemi o tra chi per ragioni religiose o di salute non può toccare alcolici, ma anche tra coloro i quali restano sempre incuriositi dalle novità di ogni tipo.

Per gli esperti enologi (ma anche per i consumatori più tradizionali), definire “vino” un prodotto realizzato al di fuori delle usuali metodologie di lavorazione, suona come una sorta di inammissibile profanazione culturale, contro la quale suonano ferme le parole del ministro, Francesco Lollobrigida, quando dice chiaramente “non chiamiamolo vino”. Ed effettivamente, stando almeno al giudizio di chi li ha assaggiati, sembra proprio che i “dealcolati” rivelino un sapore che non è nemmeno un lontano parente dei vini propriamente detti, anche se, in qualche caso, pretendono pure di riportarne, in etichetta, la denominazione. Pertanto, risulta piuttosto difficile non concordare con la maggioranza dei produttori quando sostengono che solo una bevanda che nasce dall’uva e che si trasforma grazie alla fermentazione alcolica può essere chiamata vino. Tutte fondate queste argomentazioni contrarie alla commercializzazione dei vini dealcolati, anche se, provando ad immaginare le potenzialità di crescita che ad essi potrebbero offrire i mercati islamici, sembra abbastanza strano che a nessuna delle grandi case vinicole venga in mente di sfruttarne l’opportunità…

Intanto, l’Osservatorio Nazionale Alcol dell’Istituto Superiore della Sanità ci ha appena comunicato che, in Italia, 8 milioni di cittadini di età superiore agli 11 anni ( dei quali il 21,2% maschi ed il 9,1% femmine) hanno ingerito quantità di alcol tali da mettere a rischio la loro salute. Inoltre, 3 milioni e 700mila di persone hanno bevuto per ubriacarsi, mentre 770.000 sono stati i consumatori dannosi: e cioè, quelli che hanno consumato alcol provocando un danno alla propria salute, sia a livello fisico, che mentale.

Dinanzi a questi numeri, ci viene – magari ingenuamente – da ipotizzare che il vino dealcolato potrebbe, almeno in certi casi di alcolismo, svolgere una funzione analoga a quella del metadone nel trattamento delle tossicodipendenze. Vi sembra un’idea peregrina?

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18 Aprile 2024

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Scritto da: Giornale Radio

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