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Oggi, mercoledì 12 giugno, si celebra la Giornata Mondiale contro il lavoro minorile ed anche se le Nazioni Unite si sono date la scadenza del 2025 per l’abolizione dello sfruttamento dei bambini, è chiaro che, vista la ristrettezza del tempo rimasto a disposizione, si tratta di un impegno assolutamente velleitario. Infatti, secondo i dati forniti dall’UNICEF, nel 2020 il lavoro minorile coinvolgeva ancora circa 63 milioni di bambine e 97 milioni di bambini, ai quali se ne sono aggiunti altri nove nel periodo pandemico: pertanto, possiamo tristemente affermare che, al momento attuale, un bambino su dieci al mondo si vede costretto a lavorare. La situazione è particolarmente critica sia in Africa, che in Asia.
In realtà non ci sarebbe niente di male se anche i nostri bambini, ogni tanto, ci dessero una mano per aiutarci in qualche attività che svolgiamo: anzi, ci pare anche che la cosa potrebbe persino giovare alla loro capacità di acquisire, fin dall’infanzia, una maggiore propensione al senso di responsabilità. Tuttavia, le attività svolte devono essere ben rapportate all’età e non devono esporre a pericoli né sfociare nello sfruttamento, perché un conto è chiedere ad un nipotino di aiutarci a lavare la macchina ed un altro è mandarlo a lavorare in miniera…
Nel mondo, circa 53 milioni di bambini lavoratori non frequentano la scuola, mentre altri milioni, pur andando a lezione, devono, comunque, lavorare duramente nel tempo rimanente. Spesso, questo doppio impegno risulta insostenibile: di conseguenza, molti interrompono gli studi, vedendo così ridursi le loro possibilità di poter aspirare ad un futuro migliore. Ovviamente, la causa principale del lavoro minorile è la povertà, che obbliga milioni di genitori ad impiegare i propri figli nei lavori delle piantagioni, delle discariche, delle fabbriche o delle miniere affinché possano anch’essi contribuire al mantenimento della famiglia: ecco perché la soppressione dello sfruttamento minorile è strettamente legata a quella della miseria.
Il 70 % dei bambini lavoratori è impiegato nell’agricoltura, nella pesca o nell’allevamento, il 20 % circa nel settore dei servizi – per esempio come aiuti domestici – il 10 % nel settore industriale (compresa l’estrazione mineraria). Tra l’altro non sono infrequenti i casi in cui, lavorando nelle attività di famiglia, questi sfortunati minori passano magari tutta la giornata nei campi senza percepire alcuna retribuzione.
E’ passato ben oltre un secolo da quando Giovanni Verga, nella sua novella “Rosso Malpelo”, ci descriveva una penosa realtà che, purtroppo, a quei tempi riguardava molto da vicino anche il nostro Paese. Da allora, in Europa, di progressi – in quanto a tutela dei diritti dei minori – ne sono stati registrati davvero tanti: tuttavia, non dobbiamo far finta di ignorare che l’intero Pianeta è ancora oggi popolato da milioni di “Rosso Malpelo”…
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12 Giugno 2024
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Scritto da: Giornale Radio
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