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“Aspettando Bruxelles”. Ungheria: il “cattivo” d’Europa guida il fronte dello scetticismo Conduzione di Francesco Massardo
A cura di Francesco Massardo
Il focus di oggi è dedicato all’Est Europa, dove da anni cresce un evidente sentimento euroscettico, che ha portato partiti e leader che fanno dell’ostilità a Bruxelles un proprio vessillo a governare in alcuni casi ininterrottamente, come il primo ministro ungherese Orban, il più longevo d’Europa con quattro elezioni vinte e in carica dal 2010, o a intermittenza, come il partito polacco Diritto e Giustizia di Duda prima e Morawiecki poi, o come Direzione Socialdemocrazia, partito nazionalista slovacco portato al governo da Rober Fico, o ancora i cechi del partito civico democratico al governo a Praga.
Ma da dove nasce questo euroscetticismo così diffuso nell’Europa che un tempo viveva al di là della cortina di ferro? Lo abbiamo chiesto a Gianluca Volpi, professore di storia dell’Europa orientale presso l’università di Udine.
“Come motivo scatenante dell’euroscetticismo in questi paesi io identificherei la relativa fretta con cui c’è stata l’integrazione. Tutte queste repubbliche venivano dal blocco sovietico e sono state ammesse nell’Unione Europea valutando soprattutto nella loro struttura economica la loro capacità di reggere il sistema economico europeo occidentale, piuttosto che il sistema di valori (anche se si è parlato di valori). Sono paesi che vengono da esperienze traumatiche e per i quali esiste ancora una forma di identità nazionale molto definita e nel caso dell’Ungheria oserei dire sofferente. Per riprendere un grande intellettuale ungherese, cioè Istvan Bibò, protagonista della rivoluzione del 1956: un nazionalismo a tratti anche malato”.
Protagonista annunciato di queste elezioni il premier ungherese Orban, con il suo partitoFidesz, che ha eretto cartelloni diffamatori nei confronti di Ursula Von der Leyen in vista delle europee. Orban, sempre più il cattivo d’Europa quindi, attaccato da ogni fronte per lo stato di diritto, per il rapporto con la Russia e per l’annosa questione dell’accoglienza dei migranti.
“Orban ha cominciato la sua carriera politica come liberal: un deciso oppositore di quello che era il regime precedente. Dopodiché, ha sterzato sul nazionalismo quando ha compreso che gli avrebbe servito maggiormente dal punto di vista elettorale e anche politico in generale. Quindi è diventato un nazionalista, se già non lo era prima, dichiarato, mettendosi contro quello che è l’Europa come la conosciamo noi.
In verità ci sono anche le responsabilità dell’Europa: su questo lui ha sfruttato molto bene l’Europa per quanto riguarda i finanziamenti europei per far progredire l’Ungheria, dirottandoli dove naturalmente lui ritiene sia meglio dirottarli; in secondo luogo, negativamente questa volta, ha usato l’Europa come modello di un un’integrazione critica per poter essere più libero di criticare e di adottare i suoi stili di comportamento politico, che sono legati soprattutto alla sua grande fame di potere e al suo desiderio di collocare il suo partito al centro della vita politica ungherese in maniera quasi totalitaria, negando spazio agli altri partiti, ad esempio nelle province (le contee che fanno parte del sistema amministrativo ungherese) dove il partito Fidesz è presente propagandisticamente e fisicamente e sono invece assenti i partiti dell’opposizione. Questi ultimi evidentemente non hanno la sua stessa forza dirompente dal punto di vista retorico, politico, propagandistico e anche il suo cinismo”.
Peter Magyar, vicepresidente del partito Rispetto e Libertà, sta raccogliendo tuttavia sempre più consenso come principale oppositore del primo ministro. Il partito centrista fondato nel 2021 e a cui Magyar si è unito da marzo di quest’anno, si presenterà con 12 candidati alle elezioni europee, con lo stesso Magyar capolista (oltre a quattro candidati in corsa alle amministrative della capitale Budapest in programma lo stesso giorno).