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A cura di Ferruccio Bovio
Ieri, 1 gennaio 2024, l’Euro ha compiuto 25 anni. Il nostro Paese aderì fin da subito alla moneta unica, anche se, per la verità, vi fu ammesso con riserva ( unitamente al Belgio ), a causa del suo debito pubblico, che già allora risultava superiore al 100% del Pil.
Per celebrare la ricorrenza, i vertici delle principali istituzioni europee hanno diffuso un comunicato congiunto, nel quale hanno affermato testualmente che “l’euro ha semplificato la vita dei cittadini europei”, dando loro stabilità e rafforzandone la sovranità emettendo “la seconda valuta più importante al mondo”. E tutto ciò è probabilmente vero, perché è proprio grazie all’euro se, oggi, noi italiani possiamo viaggiare all’interno dell’ Eurozona senza dover più fare i conti con i cambi delle valute estere o se, da ormai un quarto di secolo, possiamo anche fare affidamento su una moneta che è indiscutibilmente più solida (e, quindi, meno esposta alle tempeste dei mercati) di quanto fosse mai stata la lira .
Tuttavia, il documento della Commissione UE e della BCE tralascia di ricordare che la vita economica e finanziaria delle venti nazioni che hanno partorito l’Euro non sempre è stata caratterizzata da una assoluta unità di intenti. Abbiamo, infatti, attraversato anche momenti davvero drammatici come quello che, nel 2009, portò l’indebitamento della Grecia a livelli insostenibili o come quello del 2011 – conosciuto come “crisi dei debiti sovrani” – che, purtroppo, riguardò pesantemente anche l’Italia, la quale vide il suo spread con il Bund tedesco toccare l’allarmante differenziale di 574 punti e fu, pertanto, costretta ad adottare – con il governo Monti – una rigida politica di austerità. Possiamo immaginare che, se in quei frangenti, alla presidenza della BCE ci fosse stato un banchiere più banale di Mario Draghi, la fine dell’esperienza dell’euro si sarebbe consumata rapidamente. Invece, dichiarando che avrebbe fatto qualunque cosa (“ whatever it takes”) per salvare la moneta unica, Draghi riuscì a riportare una certa dose di fiducia tra gli investitori internazionali, prima di introdurre – come arma di dissuasione anti speculativa – il suo ormai famoso “quantitative easing”: e vale a dire, quel meccanismo che, attraverso l’immissione di liquidità nel sistema, permise all’Istituto di Francoforte di effettuare l’acquisto dei titoli di Stato emessi dai Paesi dell’Eurozona, determinando, in tal modo, la sopravvivenza della moneta stessa.
Voi, comunque, che bilancio vi sentite di fare su questo primo traguardo temporale di una certa rilevanza raggiunto ieri dall’euro? A suo tempo, fu una scelta vantaggiosa, per il nostro Paese, quella di salire su un treno che gli avrebbe imposto delle rigorose tabelle di marcia alle quali non era mai stato abituato?
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2 Gennaio 2024
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Scritto da: Giornale Radio
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