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L'opinione
today30 Dicembre 2024
A cura di Ferruccio Bovio
Dopo l’esortazione a “spalancare le porte del cuore”, pronunciata dal Papa durante la sua visita al penitenziario romano di Rebibbia, il tema dell’indulto per i detenuti nelle carceri italiane è tornato a riproporsi con ineludibile serietà, chiamando, infatti, l’intera nostra classe politica ad uscire dal colpevole balbettio dell’inerzia, per fornire, invece, risposte concrete e degne di un Paese civile. Le condizioni in cui si vive nei nostri istituti di detenzione rischiano, purtroppo, di incancrenirsi ulteriormente in celle fatiscenti e sovraffollate (in una misura che supera il 32% della loro effettiva capienza) e nelle quali il fenomeno dei suicidi è in continua espansione. Verrebbe, quindi, spontaneo affermare che, di fronte a situazioni così penose, un provvedimento di ampia scarcerazione (ed in grado, quindi, di svuotare – almeno parzialmente – le nostre carceri), rappresenti la soluzione di più immediata efficacia. Tuttavia, di indulto si continua a parlare da ormai 20 anni, senza però che nulla accada di concreto. Ed il motivo crediamo che vada individuato nella scarsissima convenienza elettorale che un provvedimento di tale natura comporterebbe.
Davvero possiamo pensare che ci siano forze politiche disposte a farsi carico dei malumori che sorgerebbero presso un’opinione pubblica che, di regola, allo Stato chiede, essenzialmente, di garantire la propria sicurezza? Inoltre, le esperienze del passato hanno rivelato che i benefici che nascono dalle scarcerazioni generalizzate durano al massimo tre anni…dopo di che gli annosi problemi legati al sovraffollamento tornano a ripresentarsi. E’ vero che, nell’arco di questo discreto spazio temporale, un Paese efficiente potrebbe darsi da fare per ammodernare le strutture carcerarie esistenti e per crearne altre nuove, ma se poi tutto questo non avviene? Se, ad esempio, a mancare sono persino i fondi per la sanità pubblica, quale governo farà la scelta di investire, comunque, a favore di quella che, in fondo, è, per eccellenza, la componente più emarginata della nostra società?
La verità è quella che, in presenza di un crimine efferato – eventualmente commesso da un indultato – nessun governo e nessun parlamento si assumeranno mai l’imbarazzante responsabilità di andare a spiegare alla gente comune il motivo per cui, in circolazione, ci fosse – libero di agire e senza controlli – un individuo che se, invece, se ne fosse rimasto a Rebibbia o a San Vittore, non avrebbe certamente avuto la possibilità di tornare a delinquere. Pertanto, quello che si pone oggi a qualsiasi legislatore – a prescindere dal suo orientamento politico – è un problema etico tutt’altro che agevole da risolvere: e cioè, se agire con clemenza per porre rimedio ad una situazione di degrado carcerario indegna di una nazione come la nostra, oppure mantenere un atteggiamento di rigore per meglio garantire il futuro quieto vivere di nuove potenziali vittime. E voi, amici ascoltatori, che opinione avete di uno Stato che appare indeciso se far pagare o meno ai suoi cittadini la propria inadeguatezza nel gestire l’organizzazione carceraria?
Credits Foto: Agenzia Fotogramma
30 Dicembre 2024
Scritto da: Giornale Radio
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