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Anche quest’anno è, dunque, arrivato il tempo degli esami di maturità per 526.317 studenti, che ieri hanno già dovuto affrontare la prima prova scritta (e cioè, il classico tema di Italiano), cui seguono oggi le seconde prove scritte, che variano in funzione degli indirizzi di studio previsti dai vari licei o istituti. Dopo di che, ci saranno gli orali, a partire dalla lettera estratta a sorte.
In passato, l’esame di maturità rappresentava un vero e proprio momento di svolta esistenziale che, sostanzialmente, segnava il passaggio tra l’adolescenza e l’età adulta: se pensiamo, ad esempio, agli stress che subivano i nostri genitori quando, per ottenere il libero accesso alle università, dovevano farsi trovare preparati non soltanto su tutte le materie di studio dell’ultimo anno di corso, ma anche su quelle del biennio precedente, ci appare allora ben chiaro come, nel giro di qualche decennio, i percorsi scolastici si siano enormemente semplificati. Oggi, se mai, ad impensierire davvero i nostri ragazzi sono soprattutto i test di accesso alle facoltà universitarie a numero chiuso.
Ma se la “maturità” si è ormai ridotta ad essere più che altro un adempimento formale (ricordiamo che la percentuale dei promossi, nel 2023, è stata quella del 99,8%), allora è abbastanza spontaneo che sorgano dei dubbi circa la sua utilità dal punto di vista valutativo… Dato che, di solito, il giudizio finale riflette, in larghissima misura, quello che già è stato espresso dai docenti della scuola frequentata dal maturando, viene, infatti, da domandarsi se sia proprio il caso di continuare a spendere tempo e denaro per poi dare agli studenti un voto che, in pratica, non fa altro che ricalcare la media di quelli ottenuti negli anni passati.
Pertanto, visto che le stesse università non danno alcun rilievo agli esiti delle maturità e tanto meno lo danno i datori di lavoro quando selezionano il personale che intendono assumere, ci sembra che non sarebbe affatto stravagante l’idea di aprire una seria riflessione sulla effettiva esigenza di mantenere in vita un esame di maturità che, probabilmente, ha del tutto smarrito la sua stessa ragione di essere.
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Scritto da: Giornale Radio
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