Il Punto della settimana

Il prezzo del gas tra interessi particolari ed esigenze di solidarietà
A cura di Ferruccio Bovio
La scelta dell’Occidente di schierarsi dalla parte dell’Ucraina, sostenendo Zelensky non soltanto con aiuti militari, ma anche con sanzioni economiche applicate nei confronti della Russia, sta imponendo costi molto elevati alle economie europee. Il primo fra tutti è, come è noto, quello che deriva dalla riduzione – se non addirittura dalla sospensione totale – delle forniture di gas da parte di Mosca.
Ci attendono periodi molto difficili, perché fino a quando l’Unione Europea non avrà dato concretezza ai tanti discorsi che si fanno sulla diversificazione delle fonti di approvvigionamento e sulla messa in funzione di nuove infrastrutture (come gli ormai famosissimi rigassificatori), la vita dei suoi cittadini e l’andamento delle sue imprese continueranno ad essere condizionati dalla carenza di gas e dai prezzi siderali delle bollette energetiche. Si corre, pertanto, il rischio di viaggiare verso una forma di grave recessione che potrebbe mettere in discussione persino l’esistenza stessa di alcuni nostri settori produttivi, costretti, loro malgrado, a fare i conti con dei concorrenti che, in altre parti del mondo, fruiscono di condizioni di acquisto decisamente più vantaggiose per quanto concerne le materie prime.
È, dunque, più che mai auspicabile che Bruxelles riesca, senza lasciarsi condizionare da troppi interessi particolaristici, a varare, al più presto, una politica energetica comune, analoga a quella che, ad esempio, nell’ultimo biennio, ha consentito a tutti i Paesi membri di fronteggiare adeguatamente l’emergenza sanitaria. Pensiamo, quindi, ad un nuovo recovery fund, questa volta però, destinato a limitare i guasti apportati dalla crisi energetica.
Tuttavia, non è soltanto di solidarietà europea che intendiamo parlare, ma anche – e più in generale – di solidarietà atlantica. Se, infatti, per contenere le ambizioni neo zariste di Putin c’è qualcuno in Europa che oggi sta penando oltre il dovuto, ci sono però, al tempo stesso, anche altri Paesi membri della NATO che, invece, da questa situazione, stanno traendo lauti guadagni. La Norvegia, ad esempio, per sostituire le forniture russe venute a mancare, sta vendendo all’Europa una quantità di gas molto più elevata rispetto a quella che era solita distribuire in passato: e lo fa a prezzi ben più alti, riuscendo così a portare a casa tutta una serie di inattesi extraprofitti. Ma il discorso vale anche per gli Stati Uniti, che piazzano in Europa il loro gas naturale liquefatto a prezzi decisamente più cari se confrontati con quelli che si applicano, attualmente, in America.
Solidarietà atlantica non può, dunque, significare soltanto che tutti siano tenuti a mettersi in movimento ogni volta che mister Biden suona il campanello, ma la cosa deve, invece, comportare anche altri aspetti di tipo solidaristico: come quello che chi può – vedi, in questo caso, Oslo e Washington - si faccia carico di aiutare l’Europa, praticando dei prezzi che le consentano di sopravvivere alla bufera. Altrimenti, ci sarà poco da stupirsi se, nel Vecchio Continente, qualcuno comincerà a pensare innanzitutto a se stesso, andando magari – come ha fatto l’Ungheria - alla ricerca di nuovi accordi proprio col Cremlino.
In definitiva, la NATO, per essere vincente ed attrattiva, non può limitarsi ai soli aspetti militari, ma deve prevedere anche la presenza di strumenti di aiuto nei confronti di quei Paesi membri che, proprio per uniformarsi alle sue direttive, vadano incontro a momenti di gravi difficoltà economiche e sociali.
18 Settembre 2022
Il Punto della Settimana di Ferruccio Bovio
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