Il Punto della settimana

L’unico erede di Mao
A cura di Ferruccio Bovio
Oggi, domenica 16 ottobre, inizia a Pechino il ventesimo congresso del Partito Comunista Cinese: un appuntamento che si ripete ogni cinque anni e che durerà per tutta la settimana, svolgendosi a porte chiuse nella Grande Sala del Popolo, situata sulla parte ovest della tristemente famosa Piazza Tienanmen. L’esito dei lavori congressuali è già praticamente scontato e prevede un ulteriore consolidamento della posizione del presidente Xi JinPing, il quale, ottenendo la sua terza riconferma alla carica di Segretario del Partito, si affermerà quale uomo più potente della recente storia cinese, unitamente a Mao Tze Tung (o Mao Zedong che dir si voglia).
Il Congresso del Partito Comunista Cinese è, tradizionalmente, l’appuntamento politico più importante del Paese, al quale prendono parte 2300 delegati che, almeno in teoria, sarebbero chiamati a decidere quale sarà la Cina del prossimo quinquennio e quali saranno le linee guida che verranno adottate dalla seconda economia mondiale. Come si è appena detto, la parte del nuovo “Grande Timoniere” di questa prima metà del Secolo non è assolutamente in discussione: chi, infatti, ha provato a contrastare il Segretario uscente è stato messo in condizioni di tacere o ha dovuto fuggire all'estero. Il controllo di Xi sul Partito (e di conseguenza sul governo) è talmente indiscusso che dal Congresso non emergerà nemmeno la figura di un eventuale “delfino” da tenere “in panchina”, nel caso in cui dovessero presentarsi malaugurati problemi imprevisti. Tuttavia, i dieci anni che hanno visto crescere inesorabilmente la presenza quasi onnicomprensiva del successore di Mao non sono poi sempre stati così favorevolmente caratterizzati dal vento in poppa. Se è vero, infatti, che, a livello internazionale, l’immagine della Cina ha continuato ad incrementare il suo prestigio ed il suo peso politico, economico e militare, non tutto è andato, invece, perfettamente liscio per quanto riguarda la situazione interna del Paese, dove – soprattutto a partire dall’inizio della crisi sanitaria – hanno cominciato a serpeggiare non pochi malumori tra la popolazione.
Difficile – anche per Xi – sottovalutare il dato che il colosso asiatico sta attraversando il periodo più complicato degli ultimi quarant’anni, con una disoccupazione giovanile che tocca ormai la soglia del 25%. Inoltre, milioni e milioni di cittadini sono rimasti stremati da circa tre anni di rigorosissime politiche di lockdown contro la pandemia, le quali - andandosi a sommare ad una sfortunata emergenza siccità che, quest’anno, ha messo in ginocchio buona parte del sistema idroelettrico nazionale - hanno finito per provocare razionamenti energetici e chiusure di moltissime attività sia industriali, che commerciali. Particolarmente sentite sono anche tutte le difficoltà tra le quali è costretto a barcamenarsi il settore immobiliare, con aziende edilizie che falliscono e cittadini comuni che, temendo che le costruzioni delle abitazioni da essi prenotate non giungano mai più a termine, hanno iniziato a portare avanti l’insolita ed originale protesta dello “sciopero dei mutui”. Sciopero che, come possiamo facilmente immaginare, può significare – specialmente per gli istituti di credito meno dimensionati – la premessa della bancarotta definitiva, salvo ricorrere al congelamento dei depositi appartenenti a piccoli e medi risparmiatori.
Ma le cose non vanno bene neanche per le grandi banche nazionali, le quali, dopo aver prestato miliardi di dollari a quei Paesi che avevano accettato di seguire Pechino sulla cosiddetta ”nuova via della seta”, oggi, in un clima di recessione globale, stanno cominciando ad accumulare montagne di crediti ormai inesigibili.
Non c’è pertanto da stupirsi se, in uno scenario di questo tipo, la crescita economica stia rallentando fino quasi a fermarsi. E la popolazione invecchia: non a caso, più del 18% dei Cinesi ha superato i 60 anni e ben scarsi sono stati i risultati conseguiti dalle politiche governative studiate per incentivare l’incremento demografico. Non c’è, infatti, niente da fare perché i giovani di cinesi si comportano esattamente come quelli europei, rinviando nel tempo la programmazione delle loro future famiglie, troppo assillati – almeno per il momento - dall’incertezza del presente. Come sono lontani quegli Anni 70 nei quali il Partito maoista di allora, vivendo un problema delle nascite diametralmente opposto a quello che si presenta oggi, impose ad ogni suo iscritto il divieto di avere rapporti sessuali prima del compimento del venticinquesimo anno di età...
Credits: Georg Denda (CC BY-SA 3.0) e Agenzia Fotogramma
16 Ottobre 2022
Il Punto della Settimana di Ferruccio Bovio
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